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Sport

JESI / Baldinelli, Maggioli, Rossini, Strappini: fenomeni ieri e per sempre

Lettere di ringraziamento, ricordi e saluti alla città e ai loro tifosi. Un inedito scritto del professor Ottorino Appolloni ai ‘due Latini’

JESI, 07 maggio 2020Quattro monumenti che hanno scritto la storia dello sport a Jesi sia esso pallacanestro sia calcio.

Quattro personaggi, non jesini, che sono entrati nel cuore degli stessi e che hanno fatto parlare Jesi in giro per l’Italia grazie alle loro performance sulle tavole da gioco di un palazzetto dello sport o sui prati verdi di un rettangolo di calcio.

Baldinelli Alessio

Parliamo di Alessio Baldinelli, ‘Lupo’ Alberto Rossini, Marco Strappini e Michele Maggioli: un allenatore e tre capitani.

Poi ci sono pure quelli che meritano una citazione tutta particolare come il prof. Ottorino Appolloni, pioniere della pallacanestro a Jesi, e come i ‘due… Latini’ identificati appunto dal professore stesso Alfiero e Leopoldo Latini.

Perché questi personaggi? Perché nella lunga storia dello sport a Jesi, negli ultimi 25 anni, di loro abbiamo degli scritti.

Lettere inviateci, due personalmente ed altre tre come ai colleghi giornalisti ed agli sportivi tutti, per esprimere il loro stato d’animo dopo un esonero (Baldinelli); per ringraziare tutti i tifosi e sportivi nel momento in cui era giunta l’ora di appendere le classiche scarpette al chiodo (Rossini, Maggioli, Strapini); per esprimere dei momenti, sentimenti e sensazioni, da tifoso e da appassionato della situazione che Jesina e Aurora basket stavano proponendo o attraversando (Appolloni).

Alessio Baldinelli ci scrisse nel gennaio 1998, esonerato come coach dall’allora Sicc Cucine Componibili e sostituito da Massimo Mangano. Ricoprivamo l’incarico di direttore responsabile del quindicinale sportivo ‘Jesi Sportiva’ che trattava a 360° lo sport in città.

Qui sotto la foto del giornale dell’epoca.

Nel marzo 1998 anche il prof. Appolloni sempre dalle colonne di ‘Jesi Sportiva’ ha voluto omaggiare i ‘due… Latini’:

Appolloni Ottorino

Leopoldo e Alfiero. 

Il primo già aveva portato Jesi sul trono del calcio nazionale, in serie C, ed aveva anche assaporato quello che poteva significare la pallacanestro sponsorizzando con il nome della propria azienda il club di Forlì in serie A;  il secondo, già impegnato in quel periodo nella pallavolo ed in passato nel ciclismo, stava per compiere con il basket un’impresa storica ed assoluta. Appolloni, aveva esercitato anche come giornalista, era un intenditore critico e fine osservatore delle vicende sportive della sua città.

 

 

Anche per il Prof. Appolloni la foto del giornale dell’epoca.

 

Poi i campioni sul campo.

‘LUPO’ ALBERTO ROSSINI

Rossini, nel novembre 2011, ha voluto ringraziare tutti tramite un volume “Il Lupo è uscito dal branco”, vivace racconto dell’esperienza che ha segnato per sempre la vita del protagonista. Un racconto a 360 gradi del quale tramite il nostro collaboratore Marco Pigliapoco abbiamo estrapolato dei significativi passaggi che riguardano Jesi e la pallacanestro.

LUPO A JESI: COME TUTTO EBBE INIZIO: Davvero non sapevo dove fosse Jesi. Guardai sulla cartina geografica. Un puntino dalle parti di Ancona, nella Marche. Nemmeno sul mare. … E in un caldo pomeriggio di luglio del 2000, Jesi si trasformò da un anonimo incastonato tra le colline marchigiane alla mia seconda casa, perché l’uomo della provvidenza stava per bussare alla mia porta. Era Andrea Mazzon, coach che conoscevo da tempo e stimavo per le sue capacità.“Dove giochi quest’anno Lupo?” “Non lo so ancora. Voglio andare via da Roma perché mi hanno fatto giocare veramente poco e non mi sento ancora vecchio. Ho trent’anni”“Perché non vieni a Jesi?” “A Jesi? Dov’è? Cosa fate?” “Vicino ad Ancona. Facciamo l’A2. Io ho firmato per loro, è gente seria che fa le cose come si deve. Se sei d’accordo parlo con la società” Nemmeno una settimana dopo ero a Jesi a parlare con l’allora general manager Chiapparo, ma soprattutto per vedere la Città e capire l’ambiente. Era una cittadina più o meno come Cantù, molto tranquilla, ma con tutto quello che serviva a portata di mano e con il mare a venti minuti. Ottimo posto per viverci, l’ideale dopo il caos di Roma. Chiesi ragguagli anche a mio cugino, Andrea Conti, che aveva giocato a Jesi un paio d’anni, e da lui ebbi conferma alle mie sensazioni. Non mi pesava scendere in A2, mi interessavano i progetti, le ambizioni, gli obiettivi, la serietà della dirigenza. E tutto quadrava alla perfezione. Trovai l’accordo economico in non più di dieci minuti: due anni di contratto perché mi fecero proprio una bella impressione, e perché Jesi mi avrebbe consentito di tornare a respirare una buona aria, quelle delle piccole Città a misura d’uomo….Dieci anni dopo posso dire con assoluta certezza che Jesi è tata la scelta giusta. L’AURORA VOLA IN SERIE A1: QUELLA SERA A SCAFATI “i have a dream”. Il mio non era ambizioso e rivoluzionario come quello di Martin Luther King, ma molto più caduco e umano: tornare a giocare in serie A1 e farlo con la maglia dell’Aurora Jesi….Ogni anno lottavamo come disperati nella stagione regolare e nei play off, ma alla fine non avevamo mai niente da festeggiare… Restammo, fra i vecchi, solo io, Mason Rocca e Casini, ai quali si aggiunsero molti volti nuovi, qualche scommessa e

Rossini e i giornalisti jesini

qualcuno già noto, ma non di prima fascia. Devo essere sincero: nei primi giorni il gruppo non mi stava entusiasmando. Si, c’era un moro che saltava come un grillo, c’era un buon tiratore, ma non riuscivo a valutare bene il potenziale della squadra. In panchina un giovane alla prima esperienza come capo allenatore, Gigio Gresta, che giorno dopo giorno si è rivelato molto bravo nel costruire l’amalgama e navigato nell’allenarci. Dopo le prime giornate, però, mi resi conto che potevamo andare lontano… Naturalmente, proprio perché la fortuna è cieca e la sfiga ci vede benissimo, nella fase a orologio prima dei play off, il nostro americano Whiting si ruppe un ginocchio e fu costretto a fermarsi per lungo tempo. Ma proprio questo infortunio si rivelò, a mio avviso, la chiave di volta della stagione. Il posto di Whiting, infatti, fu preso dall’allora sesto uomo Brett Blizzard… che si dimostrò all’altezza di ogni situazione, contro qualsiasi squadra, e in qualunque ambiente. L’altro episodio che ebbe un effetto positivo devastante sulla nostra squadra e sull’esito della stagione avvenne negli spogliatoi di Scafati. Avevamo appena perso gara4 del primo turno di play off e la sfida era in perfetta parità: 2-2. Ci saremmo giocati tutto nella “bella” tre giorni dopo a Jesi. Noi eravamo di gran lunga più forti di loro, ma venivamo da due sconfitte che avevano rimesso in equilibrio la serie. Sconfitte maturate anche a causa del nostro

Rocca, Singleton, Rossini e il presidente di Lega Valentino Renzi dopo il successo a Bologna

americano James Singleton, il giocatore con più talento della squadra, ma anche molto giovane e quindi per certi versi più difficile da gestire. Quella sera, però, aveva superato ogni limite: sembrava non gliene fregasse nulla della partita, non l’avevo visto lottare come sapeva, mi era parso di cogliere sul suo volto un distacco netto rispetto al resto della squadra, quasi non vedesse l’ora di finire quell’avventura a Jesi per tornarsene a casa. La scintilla che provocò i fuochi d’artificio fu vedere Singleton che rideva e ascoltava musica prima di entrare in doccia. Apriti cielo! Ma come? Avevamo appena sprecato l’occasione di andare in semifinale, ci toccava giocare tutto in 40 minuti e lui rideva? Gli sono andato vicino a muso duro e ho cominciato a inveire contro di lui: “Se non vuoi più giocare devi avere il coraggio di dirlogli ho gridato a un centimetro dalla sua facciase non ti va più bene tornatene a casa, ma non prendere per il culo i tuoi compagni di squadra che sputano l’anima. Tira fuori le palle se le hai, anche se mi sembra che tu non le abbia proprio”. E lui cosa ha fatto? Mi ha guardato e ha sorriso senza dire una sola parola. Se possibile, la situazione si stava aggravando ancora di più. Ero una furia. Nero di rabbia. E con me Mason, che lo ha affrontato con fare minaccioso. Per qualche secondo ho temuto seriamente che venissero alle mani. Intanto Brett provvedeva a piazzarsi davanti alla porta dello spogliatoio impedendo a chiunque di entrare. Al di là c’erano solo Mason e James quasi naso contro naso. In inglese strettissimo Rocca stava investendo di parole il suo compagno, proseguendo nella strada

Singleton James

che avevo tracciato io. … Vi giuro che quel quarto d’ora è stato uno dei più intensi della mia vita da giocatore: tremavano i muri dello spogliatoio di Scafati. E tutti gli altri giocatori erano solidali con me e Mason. Forse per James era giusto rifletterci. Più tardi, sulla strada di ritorno a Jesi, il pullman si fermò all’autogrill  perché dovevamo cenare. Eravamo seduti quando a un tratto vidi arrivare la sagoma di James. Puntava verso di me. “Oddio Lupo, siamo al secondo round” pensai in una frazione di attimo. Invece il nostro americano aveva tutt’altre intenzioni: “Scusami Lupo” mi disse prima di abbracciarmi davanti a tutti… Da quel momento non abbiamo sbagliato più una sola partita…L’AURORA VOLA IN A1: A BOLOGNA L’APOTEOSI Fra noi e la promozione in A1 c’era “solo” la Virtus Bologna, la nobile decaduta, partita con grandi ambizioni e finita, nella stagione regolare, dietro di noi… Dovevamo andare a Bologna per gara 3. Durissima ma decisiva… Palla a due e tutto come previsto. Ho alzato lo sguardo verso il tabellone dopo circa dieci minuti e ho visto + 15 per noi; l’ho rialzato a due minuti dalla fine del match quando sono uscito dal campo e segnava +25 per noi. In mezzo trenta minuti di pallacanestro giocata alla perfezione con sorrisi stampati in faccia, con gente che si buttava su tutte le palle vaganti, con pacche sulle spalle o sul sedere, con cinque alti a ogni azione ben fatta, con abbracci fra tutti noi, con solo la voce del pubblico di Jesi che risuonava nel tempio del basket italiano. Attimi indimenticabili che nessuno potrà mai togliermi e che resteranno per sempre nella mia memoria e nella mia pelle.. E poi alzare il trofeo davanti a un gruppo di compagni in lacrime per la gioia immensa e vedere i nostri tifosi, la nostra gente, osannarci sulle gradinate è stato impagabile. In quei momenti mi è passata davanti agli occhi la mia vita sportiva come fosse un film accelerato a mille… Siamo tornati a Jesi a notte fonda e la città era ancora sveglia ad aspettarci, soprattutto quei 4000 che avevano visto la partita sui maxischermi. Vedere l’entusiasmo, la gioia, l‘esaltazione dei tifosi in piazza – soprattutto dei ragazzi dell’ Avanguardia che non si erano persi una sola trasferta – fu speciale. Proprio con loro ho avuto sempre un bellissimo rapporto fatto di genuinità, sincerità, schiettezza. Un gruppo, l’ Avanguardia, quasi anarchico perchè non legato a logiche di alcun tipo, ma autogestito. Quell’anno anche loro si sono conquistati meritatamente una fetta della nostra promozione… Se ripenso a quell’anno e a quei giorni mi viene ancora la pelle d’oca. Il mio sogno era diventato realtà.

 

Da via Tabano a viale Cavallotti il percorso è breve: Marco Strappini

Strappini Marco

243 presenze con la maglia leoncella il capitano Marco Strappini in occasione della mostra per i 90 anni di storia della Jesina è stato il giocatore più votato dai tifosi e lui per ringraziare ha scritto: “Ciao a tutti, non saprei da dove iniziare con i GRAZIE ma ci proverò passo passo. Dopo alcuni mesi passati lontano dal mondo leoncello è stato emozionante ristudiare la storia della Jesina nella mostra che ha ripercorso i primi 90 anni di questa ‘nostra’ Storia. La storia della fede che unisce generazioni sotto un’unica grande bandiera, quella biancorossa. Grazie quindi a chi ha voluto fortemente questa mostra e che l’ha allestita in maniera impeccabile e suggestiva: da Michele Grilli, a Francesco Cherubini passando per Marco Pigliapoco, Sandro Cossu e tutti gli altri che si sono adoperati per realizzare un qualcosa di speciale…le presenze quotidiane da record di tanti appassionati ne sono, credo, la testimonianza più tangibile e gratificante per gli organizzatori. Ricevo questo riconoscimento con stupore ma tanto tanto orgoglio. Essere accostato a leggende come Micheloni, Ceppi, Garbuglia e gli altri per me è già stata una soddisfazione infinita, sapere poi di aver ricevuto più voti di tutti mi ha lasciato, credetemi, COMMOSSO. Ringrazio la società Jesina Calcio e tutti i dirigenti, magazzinieri, giocatori, allenatori e amici che in questi anni ho avuto la fortuna di conoscere, dal presidente Marco Polita a tutti gli altri…è vero, negli ultimi periodi ci sono state delle tensioni ma se è anche vero che la Jesina è una famiglia e che tutti noi ne facciamo parte, credo sia normale che ci siano momenti meno felici di altri, l’importante è riconoscersi sempre sotto la stessa BANDIERA. Grazie al pubblico di Jesi, ai ragazzi della curva in particolare che mi hanno sempre dimostrato un’affetto incondizionato e che spero di aver ricambiato spendendo tutto quello che potevo ogni domenica in campo. Difendere la maglia ovunque e comunque è stata sempre mia la priorità e dovrà esserlo per chi avrà la fortuna di indossare questi colori in futuro. L’augurio è semplicemente questo, che la passione di tanti e tanti cuori venga premiata con un futuro il più possibile esaltante. Questo riconoscimento ha nel mio cuore un valore assoluto, lo voglio dedicare a mio padre e mia madre, miei tifosi e quindi della Jesina che mi hanno seguito in silenzio al Carotti e sui campi di tutta Italia. Ho ricevuto la notizia del riconoscimento in anteprima proprio il giorno della festa del papà…un piccolo segnale che non mi ha lasciato indifferente. Ragazzi, un abbraccio a tutti, ci vedremo prestissimo allo stadio se IL GRANDE Marco Pigliapoco riuscirà a mettere insieme i ‘pezzi’ e sempre FORZA JESINA!!!!!”

Michele Maggioli, l’americano della Legadue

Michele Maggioli al Palatriccoli, battendo Jesi, aveva conquistato la serie A con la maglia del’Avellino. A Jesi, sempre su quelle tavole, da giocatore dell’Aurora ha ricevuto una infinità di applausi. Al Palatriccoli è stato omaggiato dal popolo del basket nel giorno del suo addio alla pallacanestro giocata. A Jesi ora è ritornato come dirigente per cercare di riportare il club ai fasti di un tempo.

Maggioli, maglia numero 5 ritirata

Anche per me è giunto il momento di dire addio a questo sogno che dura ormai da più di venti anni che è il basket giocato. Si un sogno! Perché cosi l’ho vissuto e ne sono sempre stato consapevole, fin dall’inizio. Smetto felice, pieno e sereno nell’aver dato tutto ciò che avevo fisicamente, mentalmente ed emotivamente e con la consapevolezza di avere anche ricevuto indietro tantissimo. Se ripenso da dove sono partito mi commuovo. Vedo quel bambino che in prima elementare era alto come quelli di quinta e che in terza aveva già superato le maestre. Mi ricordo quando in quarta elementare mi hanno detto che la Scavolini aveva vinto lo scudetto e non riuscivo a capire, perché per me bambino cresciuto in periferia, la Scavolini era semplicemente la fabbrica dove lavoravano alcuni miei vicini di casa o amici di famiglia. Ricordo quando a 11 anni giocavo ancora con he-man o a nascondino con i miei coetanei e gli adulti mi guardavano perplessi perché sfioravo il metro e ottanta! Non era facile trovare una collocazione, madre natura mi aveva dato tanto e a volte sembrava quasi troppo. Poi una persona, che non smetterò mai di ringraziare, mi disse che i ragazzi con le mie qualità non nascono tutti i giorni, mi fece sentire speciale e mi diede una visione, la possibilità di vivere un sogno e sopratutto di trovare la mia dimensione. Un mondo in cui i ragazzi avevano i miei stessi problemi nel trovare i vestiti o le scarpe, la stessa impopolarità ed impaccio con le ragazze, ma sopratutto lo stesso sublime sogno. Ne è passato di tempo da allora e adesso con tenerezza rivedo gli stessi occhi sognanti in mio figlio che gioca a calcio. Gli auguro di cuore di fare il mio stesso percorso o anche meglio perché le esperienze che ho avuto, l’opportunità di vivere, le persone che ho conosciuto, i luoghi che ho visitato sono stati il vero valore aggiunto di questo viaggio. 

premiazioni Maggioli – Montoro

A volte mi chiedono dei sacrifici che ho fatto ma in cuor mio so che il sacrificio grande sarebbe stato costringere me stesso ad andare a ballare la domenica pomeriggio al Colosseo (mitica discoteca di Montecchio) come facevano tutti i miei coetanei invece di andare al campetto a fare un 21 o un giro d’Italia. In una carriera lunga 22 anni sono state tante le persone che hanno incrociato la mia vita e lasciato un segno tangibile. Ringraziarvi tutti è difficile ma ci provo. Inizio dai miei genitori e dalla mia famiglia. Grazie per avermi sempre lasciato libero di decidere, per non aver mai interferito e avermi dato fiducia. La vostra umiltà è stata esemplare. A mio fratello e mia sorella che sono sempre stati i miei primi tifosi senza darlo a vedere. Vi voglio bene. Grazie al mio prof di educazione fisica delle medie, Renzo Amadori. La scintilla l’hai accesa tu, chi mi ha apprezzato sul campo lo deve a te. Ai miei allenatori del settore giovanile, siete stati super nell’insegnarmi i fondamentali del basket ma soprattutto i valori che regolano questo sport e la vita in generale. Ai preparatori atletici che con competenza hanno lavorato sul mio fisico un pò particolare, dedicandomi attenzione e scrupolosità anche in momenti e orari straordinari. Alle quattro società a cui devo di più e a cui mi sono legato maggiormente. La V.L Pesaro per avermi cresciuto e formato. Ricordo ancora quando ritornai a casa con la borsa e il materiale dopo il primo allenamento. Mi svegliai 2/3 volte nella notte per controllare se la borsa era ancora lì, appoggiata sul comò e che fosse tutto vero. La Scandone Avellino che mi diede la possibilità di giocare la mia

Tifosi jesini ed imolesi pro Maggioli

prima vera stagione importante. Mi accolse con tanto affetto e mille attenzioni, ma sopratutto mi diede l’opportunità di conoscere una terra stupenda e persone che ancora oggi sono nella mia vita. Un immenso grazie all’Aurora basket Jesi dove ho vissuto in assoluto i miei anni migliori, dove è nato mio figlio e luogo che sento ancora intimamente casa. Infine grazie all’Andrea Costa Imola che ha avuto il coraggio di puntare su di me a 38 anni suonati e mi ha dato la chance di un colpo di coda di fine carriera in grande stile. Grazie al mio primo e unico agente in 22 anni da pro, Stefano Meller. Ho sempre faticato a vederti come un agente, per me sei sempre stato un amico, un fratello maggiore. Grazie per avermi accompagnato, tutelato, rispettato anche quando abbiamo avuto visioni differenti e grazie sopratutto per esserci sempre stato anche per problemi che con il basket avevano poco a che fare. Grazie a tutti i miei coach da senior. Qualcuno di voi sarà sempre un riferimento importante un mentore. Grazie anche ai coach con cui il rapporto non è mai sbocciato, perché per fare funzionare le cose bisogna sempre essere in due, mi avete dato lo spunto per guardarmi dentro e capire qual era il mio di pezzo da sistemare. Grazie a tutti i miei compagni di squadra. Qualcuno di voi è diventato un fratello acquisito e con tantissimi altri è nato un rapporto di stima e affetto sincero. I vostri valori, il vostro spirito di sacrificio e la vostra onestà è da campioni veri. Fiero di aver lottato con voi. Grazie a tutte le persone che hanno fatto parte dello staff dirigenziale, tecnico e sanitario delle squadre in cui ho giocato, perché so bene quanto posso essere rompicoglioni quando voglio, ma voi avete sempre avuto tanta pazienza e disponibilità. Grazie ai tifosi. A quelli che mi hanno sempre sostenuto, che sono la maggior parte, e anche a quelli che mi hanno un pò massacrato perché cercare di chiudervi la bocca è stato uno stimolo. Grazie ai giornalisti, siete una parte importante del movimento, anche se a volte non vi viene riconosciuto, continuate con il vostro contributo con passione e pazienza. Grazie ai tanti arbitri che mi hanno arbitrato, so che il vostro non è un lavoro facile e, anche se non sempre vi ho aiutato, avete tutto il mio rispetto. Un grazie anche a tutti gli imprenditori che continuano ad investire nello sport più bello del mondo. Il pensiero va inevitabilmente a Scavolini e a Fileni e al contributo che hanno dato. Sono convinto che ritroveremo presto la strada per far tornare il nostro amato basket italiano al livello che merita. Grazie agli amici veri, quelli che si contano sulle dita di una mano. Voi che avevate il coraggio di chiamarmi anche il lunedì dopo una sconfitta. Il vostro conforto, la vostra presenza, il vostro affetto e la vostra onestà mi hanno accompagnato tutto il tempo e sempre mi accompagneranno. Un grazie gigante a mio figlio Matteo che in questi anni ha dovuto sopportare i miei orari, le mie partite, le mie corse in macchina, le mie trasferte, le feste e le ricorrenze sui campi. Sei stato una spinta incredibile in questi 9 anni, una motivazione in più e il protagonista dei miei momenti più felici anche dopo le sconfitte più cocenti. Un grazie particolare ad una persona che sarà sempre speciale per me, che è la mamma di mio figlio, e non c’è niente altro da aggiungere. Grazie a te che adesso mi dovrai sopportare in casa, guarda che sono ingombrante! Due capitani sotto lo stesso tetto, un solo palcoscenico da dividere per due personalità importanti. Sarà come è sempre stato, con tenacia, passione, riconoscenza, sensibilità, amore e a volte un po’ di sacrificio. Anche questa squadra farà il suo percorso nella vita del futuro che verrà. E per chiudere grazie a me e a quel ragazzino impacciato in quel corpo da gigante che faticava a trovare il suo posto nel mondo e che ha afferrato un sogno, visualizzandolo così tante  volte che lo ha fatto diventare realtà. Il vostro Michele#5

Evasio Santoni

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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